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ChianinaPerché ho rivalutato la carne di razza«Gianfranco, venderesti mai carne italiana?» Sapete quante volte mi hanno posto questa domanda?Tantissime. Sapete qual è sempre stata la mia risposta: “Dipende."Editoriale di Gianfranco Lo Cascio Forse molti pensano che le selezioni che preferisco provengano tutte e solo dall'estero perché per qualche astruso motivo voglio boicottare la carne allevata in Italia. Beh, ho uno scoop per tutti i complottisti delle proteine autoctone: non è così.La verità è che non ho mai incontrato nessuno che garantisse quegli standard qualitativi che mi sono imposto dal primo giorno della mia avventura carnivora. Questo non vuol dire però che non esista, significa piuttosto che non mi ci sono ancora imbattuto. Non mi ci ERO imbattuto, per la precisione.Un mese fa sono stato invitato a visitare un allevamento di bovini di razza Chianina. Sì, avete sentito bene. L'invito era così cordiale e l’approccio così convincente che ho deciso di dare una chance al bovino italico più chiacchierato.Ho visitato l'allevamento e alla fine ho partecipato a una degustazione.Risultato? Onestamente, devastante. Ero certo che prima o poi sarebbe saltato fuori qualche allevatore virtuoso ed infatti è arrivato.Non fraintendetemi, non ho nulla contro ma nemmeno nulla a favore degli “allevamenti italiani”. Allevamento italiano non vuol dire assolutamente nulla; al netto che sia un allevamento, nel nostro caso specifico di bovini, che insiste nel territorio italiano. Non sto delirando eh, pensateci un attimo.Immaginate di far assaggiare un piatto preparato da voi a qualcuno e questo qualcuno risponde “buono”. Che vuol dire buono? Buono non vuol dire assolutamente nulla. Ci sono migliaia di aggettivi e centinaia di costruzioni per poter intavolare una discussione sul gusto di un piatto. Dire che è buono non gli rende giustizia. Così come dire che non lo è.La stessa identica cosa si applica ai suddetti “allevamenti italiani”. Moltissimi di voi sono convinti che basti la razza a stabilire le caratteristiche di qualità della materia prima. Mi spiace deludervi ma no, non è affatto così, non può essere così, non deve essere così.Trasliamo per un secondo le razze bovine ai gruppi etnici degli esseri umani. Ha qualche tipo di senso dire che la razza caucasica sia migliore o peggiore di quella africana? Certo, ovvio che no.È evidente che ci siano dei tratti distintivi negli uni e negli altri quali colore della pelle, degli occhi e dei capelli. Ma quelli sono semplici tratti genetici che caratterizzano il gruppo etnico.Prendiamo ad esempio due indigeni della tribù dei Nahua originari del Perù, il primo vive in un villaggio dell’Amazzonia peruviana, il secondo nella capitale Lima. Il soggetto A che vive nella foresta ha una corporatura asciutta, è magro, muscoloso, vitale, atletico. Il soggetto B si scofana di biscotti al caramello peruviani e li butta giù con fiumi di bevande gassate. Quali sono le differenze di aspetto tra i due? Chi è visibilmente più “in forma”dell’altro? Eppure hanno gli stessi tratti genetici, giusto?Lo stesso identico principio è applicabile nel mondo animale, con tutte le differenze del caso ovviamente. È evidente che il Black Angus ha una “firma genetica” diversa dalla Chianina. La prima evidente differenza è che il primo è di colore nero pesto e l’altro è completamente bianco. Ma come questo ci sono moltissimi altri tratti genetici che possono -ribadisco il “possono” -condizionarne lo sviluppo e la crescita. Ne deriva che l’unica vera differenza, a questo punto della storia, risiede nel metodo di allevamento.Ma che cosa si intende esattamente con “metodo di allevamento”?Non è solo un protocollo che riguarda l’alimentazione ma un processo che coinvolge interamente la vita dell’animale. È la somministrazione di alimenti diversi nelle distinte fasi della crescita. È la diversa modalità di stabulazione. Un animale è felice in stalla se la stalla è confortevole, pulita, priva di stress. Ma è anche felice se può stare all’aria aperta a brucare un po’ d’erba fresca e godersi un po’ di sole.Potrà sembrare banale ma mantenere una stalla pulita può diventare un lavoro enorme e che richiede davvero moltissime risorse in termini di persone e di tempo. Queste risorse si traducono sempre in costi elevati che bisogna moltiplicare per il tempo che questi capi bovini rimangono nei box prima della macellazione.Immaginate adesso la differenza tra un bovino che vive in una catapecchia puzzolente e buia, che calpesta i propri escrementi per settimane prima di poter vedere di nuovo il suolo, che viene macellato mediamente dopo 18/20 mesi dalla nascita. Questo determina un costo della permanenza in stalla.Immaginate adesso un altro stabilimento, dove il capo vive in un paddock pulito, dove non c’è alcun odore sulfureo di escrementi, su letti di trucioli di legno profumato che viene costantemente sostituito. Dove c’è sempre acqua corrente a disposizione, dove c’è silenzio, dove la presenza dell’uomo è ridotta al minimo e dove questi bovini vivono 30, ma anche 32, fino a 36 mesi compiuti.Immaginate i costi per mantenere tutto pulito. Immaginate le spese che derivano dall’alimentazione di un bovino adulto per un anno e mezzo dopo il momento in cui diventa adulto. È evidente che questi costi si riflettono sul prezzo della carne. Così come è evidente che al di là della “razza” quel bovino è indiscutibilmente di qualità superiore a quello del primo esempio.I tratti genetici sono importanti. Ma ancora più importante è il protocollo di allevamento di quella precisa farm (allevamento). La scelta dei cereali e del foraggio, dei veterinari, delle modalità di accrescimento.Ciò che ho visto in questo preciso di allevamento di bovini di razza Chianina non ha lasciato alcuno spazio all’immaginazione. Ho trovato un luogo pulito, dove gli animali non soffrono lo stress, dove c’è pensiero e riflessione dietro il metodo di allevamento. Dove registri la passione nelle parole dell’Allevatore (si ho volutamente usato una maiuscola).Per questo ho voluto dare alla Chianina una chance. Alla degustazione ho potuto apprezzare una marezzatura buona ma non eccessiva, una tenacità marcata ma un sapore straordinario. C’è da migliorare? Certo, tutto è perfettibile. Eppure quello che ho scelto è un allevamento che merita tutto il nostro supporto, che è più che in grado di soddisfare i nostri fabbisogni. Parliamo comunque di svariate centinaia di capi, non proprio una piccola fattoria.Qui dovreste aver compreso il punto, cari lettori di questa atipica rivista. Non è un problema di “carne italiana” e non è un problema di “razza”. Qui il merito va attribuito a come questi bovini che ci regalano la loro stessa vita vengono trattati da vivi.Esiste anche un mercato delle lombate Chianine, ovviamente, ma queste non sono all’altezza di ciò a cui siete abituati parlando in termini di tenacità. È per questo che non mi sono ancora avventurato nella selezioni di tagli da “bistecca”.Per raggiungere un livello soddisfacente in termini di qualità bisognerebbe costruire un sistema di frollatura, monitorarlo e controllarlo. Non è proprio cosa da poco. Probabilmente diventerà un progetto in cantiere.Per facilitare la commercializzazione e dare un mano a questo allevamento ho deciso di consumare i posteriori creandovi la migliore linea di Burger Chianina sul mercato -e su questo non temo alcun tipo di confronto-e lasciare all’allevatore la possibilità di sfruttare lombate e tagli nobili dell’anteriore. Per questi ultimi, come detto, esiste un mercato con dei prezzi sufficientemente solidi. È bene lasciare a lui la possibilità di migliori profitti con i tagli principali e aiutarlo a trasformare quei tagli che per lui rappresenterebbero un freno alla velocità di macellazione.Da qui i burger e le tartare che imparerete a cuocere, condire e impiattare, anche grazie e soprattutto a questo numero del BBQ4All Magazine.Buona lettura!Gianfranco Lo Cascio